Carissime ragazze, carissimi ragazzi del Mattei,

dopo aver letto le parole che avete indirizzato al Presidente della Regione, sentiamo l’urgenza di salutarvi e di dirvi la nostra stima per la vostra sincerità e coraggio. Perché ci vuole coraggio a spiegare a un mondo adulto, stordito e incline a prestare orecchio soltanto al quotidiano bollettino di guerra, che cosa significhi vivere, da mesi e mesi, privati del proprio mondo d’adolescenti – che non è un mondo di favole, a cui per cause di forza maggiore sia possibile a un certo punto doverosamente rinunciare, ma è l’unico mondo che per ragioni d’età siete destinati, nel bene e nel male, ad attraversare. Gli adulti sembrano a volte non rendersi conto che la scuola, la secondaria superiore in particolare, cioè lo scenario cruciale di questa vostra traversata, è stata nell’arco dell’ultimo anno l’unica vera “zona rossa” permanente del Paese.

Ciò significa che l’ambito formativo primario della vostra vita di relazione è stato abolito per decreto, sulla base dello “stato d’emergenza”. Una cosa inimmaginabile (e infatti non immaginata) per nessuna altra categoria di cittadini.  Mentre gli universitari potevano continuare a coltivare in qualche modo, sui Navigli di Milano o ai Giardini Margherita di Bologna, le loro esigenze, diverse dalle vostre, di una vita di relazione; mentre gli adulti potevano continuare ad avere relazioni reali recandosi sul posto di lavoro e occupandosi delle quotidiane necessità familiari – a voi adolescenti è invece stato chiesto di starvene buoni a casa, chiusi in cameretta, in una situazione apparentemente comoda, protetta, al riparo da ogni asperità. Al contrario, la vostra era ed è, nei fatti, la situazione più difficile: quella dell’isolamento, della noia, della demotivazione, dell’inutilità, e infine della rassegnazione e della desistenza.
L’immagine mediante cui nella vostra lettera descrivete l’indifferenza con la quale si trascorrono i dieci minuti di pausa tra un’ora di lezione e l’altra, consumati a guardare il cellulare anziché a riposare la vista, sgranchirsi le gambe o scherzare con gli altri fratelli in casa, è sintomatica dello stato tendenzialmente depressivo in cui siete stati precipitati e vi dibattete. Non c’è più senso nell’intervallo, nella ricreazione, perché non c’è nulla da ricreare, nessuno spirito da ridestare alla concentrazione e alla curiosità attraverso lo stacco di una pausa, ma soltanto un uniforme lunghissimo tempo da consumare.

Voi ragazze e ragazzi del Mattei però avete avuto la forza di portare tutto ciò alla vostra consapevolezza, sconfessando la volgare rappresentazione secondo cui gli studenti sarebbero ben felici di stare in Dad, potendo così aggirare lo scoglio delle interrogazioni e delle verifiche grazie a sbirciatine indisturbate ai libri di testo o ai files aperti sul desktop del pc (stratagemmi di questo tipo, certamente usati da molti, come potrebbero far ritenere ad osservatori intellettualmente onesti che sia davvero “felice” lo studente posto nella condizione di servirsene?).

Ma soprattutto, voi del Mattei, avete avuto il merito di portare alla consapevolezza degli adulti – cioè dei docenti, dei genitori, dei nonni e persino dei leaders politici – quale stortura sia stata commessa postulando che la scuola potesse per voi (e all’occorrenza anche per i bambini delle elementari e delle medie!) essere trasformata in un apprendimento a distanza, reso accessibile dalla benedizione della rete e della tecnologia digitale. Come se in attesa di tempi migliori, da collocarsi in un futuro indefinito, la vita scolastica, che è vita di relazione, potesse essere sostituita da un meccanismo professorale di trasmissione delle nozioni, fruibile da casa, anzi dalla propria stanza, allo stesso modo di un film TV o di una serie su Netflix.

Tuttavia, carissimi studenti, confortatevi se potete, perché in realtà non siete soli. Non dovete sentirvi soli e dispersi. Molti stanno cominciando ad accorgersi che questo sistema – adulti fuori a lavorare, ragazzi isolati in casa a fissare un pc – non può durare ancora a lungo. Noi docenti del “Presidio primaverile per una Scuola a scuola” al Liceo “Da Vinci” intendiamo esservi accanto. Proseguiremo con tutto l’impegno di cui siamo capaci la Dad, perché è l’unico esile filo che ci allaccia umanamente agli studenti delle nostre classi, nei cui volti leggiamo distintamente i segni dei vostri volti.

Lettera degli studenti del Mattei: “Bravi avete rotto il silenzio”

La replica ai ragazzi della terza A di Andrea Garreffa, uno dei fondatori delle Sardine
Non sono il presidente Bonaccini, non sono un politico, non so se rispondo al principio di autorevolezza al quale vi siete appellati. Mi chiamo Andrea, ho 33 anni e vi scrivo in qualità di adulto che conserva nel cuore il ricordo dei vostri 17 anni.
Questa rottura vi fa onore e vi assegna un ruolo nel dibattito pubblico che che vi spetta a pieno titolo. Se finora vi è stato sottratto, è giunto il momento perché lo rivendichiate a gran voce. Avete ragione. Voi non potete essere il capro espiatorio di una pandemia planetaria e il principio di uguaglianza che voi invocate è sacrosanto. L’inosservanza delle regole non distingue giovani da adulti, bambini da anziani.
La distinzione non è da operare all’anagrafe ma nella grande sfera dei valori e dell’etica. In questa sfera si distinguono i responsabili dagli irresponsabili, gli altruisti dagli egoisti… E tutto questo ha ben poco a che vedere con l’età riportata sulla carta di identità. È ingiusto che siate voi a pagare il prezzo più alto, è ingiusto che gli adulti si arroghino il diritto di mantenervi in ostaggio di un tempo sospeso, è ingiusto che a fronte di tutto questo vi si ricordi che i vostri nonni hanno vissuto una guerra mondiale e che dunque non c’è motivo di lamentarsi perché c’è qualcuno che è stato peggio. Consolarsi con le sventure altrui è solo un modo per negare un problema e soffocare il proprio sentire.
Aggrappatevi alle vostre parole, difendetele con i denti. Scrivetele, fatele circolare, inventate modi originali per rendere noto il vostro stato d’animo. Riuscirete così a innescare meccanismi di creatività che non saranno solo un esercizio retorico o di stile ma un vero e proprio strumento di vita e non di mera sopravvivenza. Le parole che scriverete faranno la storia. Sì, perché la storia di una comunità non la si scrive da soli, ma insieme. La storia degli anni segnati dal covid non sarà mai completa se mancheranno le vostre parole e saranno presenti solo quelle degli adulti.

È uso comune ritenere che al termine delle guerre la storia la scrivano i vincitori… Una delle lezioni del Covid, che è poi una lezione impartita dalla natura di cui facciamo parte, è che di fronte alla malattia e alla morte non esistono vinti e vincitori. Di fronte a sfide così grandi, che interessano tutti in modo indistinto, la storia la si scrive insieme. Chissà che al termine di questa battaglia la comunità tutta, fatta di giovani e adulti, non dia prova di aver imparato almeno questa lezione.
Chiedete autorevolezza. Chiedete esempi virtuosi. Chiedete coinvolgimento. Ne avete pieno diritto. Le vostre richieste sono vitali, pulsano del desiderio di guardare oltre il covid, oltre gli ostacoli, oltre i confini attualmente imposti all’immaginario. Il mio consiglio è uno solo: fate casino! Fatevi sentire oggi per far valere i vostri diritti e mettetevi al lavoro per il domani, per organizzare la più grande festa che l’Italia abbia mai visto…

Per bambini, ragazzi e adulti, per il giorno in cui tutto questo sarà finito. Tutti saranno in attesa del vostro invito.